
Tagliata fuori dal resto del mondo, la regione del Tigray sta cercando di sopravvivere alla guerra. A Mekele, la sua capitale, che un tempo il resto dell’Etiopia invidiava per la sua modernità, ora si gira in carrozze trainate da cavalli, mentre un pieno di benzina in città costa 700 dollari.
A questi prezzi, i tigrini rimangono bloccati sul posto: un’immobilità che diventa mortale nelle campagne profonde, dove i combattimenti hanno fermato anche lo sviluppo delle piantagioni. La carestia uccide indiscriminatamente, e colpisce per primi i bambini: niente elettricità, niente latte in polvere, niente benzina per le ambulanze. Impossibile partire per le cure in città, visto che gli ospedali sono privi dei beni necessari per proseguire la propria attività di assistenza.
La vendetta si manifesta nelle strade, dove centinaia di giovani, reclutati dalle Forze di Difesa del Tigray, hanno come solo orizzonte un fronte lungo 600 chilometri, e si trovano costretti ad affrontare le truppe nemiche del loro Paese, l’Etiopia, e quelle del loro vicino settentrionale, l’Eritrea.